mercoledì 20 marzo 2013

Stamattina gli uccelli hanno cantato intorno alle cinque. Mi sono detta che potevo svegliarmi con un giusto alibi, che non era per via dell’insonnia. Che l’insonnia prima o poi si sarebbe trasformata in dinamismo.

Mi guardo dall’esterno, avvolta dal velo di stanchezza, e un po’ mi intenerisco. Mi abbraccio, fin dove le braccia arrivano. Penso che non ci si possa autoinvitare nelle vite degli altri. Può darsi che in quel momento siano tutte in disordine, o che vivano in così pochi metri quadri di anima, sentimento e voglie, che non c’è spazio per ospiti a sopresa.

Mi siedo al sole, stamattina, nel mio terrazzino pieno di piante e benedico il tempo che si muove. Dovunque vada, andrà bene. Osservo le impronte che ho lasciato nel mio cammino e aspetto che il mare venga a ricoprirle, che al loro posto restino solo conchiglie da raccogliere.

Ci farò una cornice, su una base azzurra. Al centro una foto che ho molto amato. Avevo lunghi capelli mossi e dentini piccoli e radi. Abbiamo camminato fin qui, dirò. Tanta strada. E’ normale sentirsi stanche.

Ci riposeremo per un tratto, io e la bambina. Poi ripartiremo, mano a mano.

Flounder

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