Stamattina gli uccelli hanno cantato intorno alle cinque. Mi sono detta che potevo svegliarmi con un giusto alibi, che non era per via dell’insonnia. Che l’insonnia prima o poi si sarebbe trasformata in dinamismo.
Mi guardo dall’esterno, avvolta dal velo di stanchezza, e un po’ mi intenerisco. Mi abbraccio, fin dove le braccia arrivano. Penso che non ci si possa autoinvitare nelle vite degli altri. Può darsi che in quel momento siano tutte in disordine, o che vivano in così pochi metri quadri di anima, sentimento e voglie, che non c’è spazio per ospiti a sopresa.
Mi siedo al sole, stamattina, nel mio terrazzino pieno di piante e benedico il tempo che si muove. Dovunque vada, andrà bene. Osservo le impronte che ho lasciato nel mio cammino e aspetto che il mare venga a ricoprirle, che al loro posto restino solo conchiglie da raccogliere.
Ci farò una cornice, su una base azzurra. Al centro una foto che ho molto amato. Avevo lunghi capelli mossi e dentini piccoli e radi. Abbiamo camminato fin qui, dirò. Tanta strada. E’ normale sentirsi stanche.
Ci riposeremo per un tratto, io e la bambina. Poi ripartiremo, mano a mano.
Flounder
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