lunedì 2 agosto 2010

Non contano solo le vittime e il dolore che i sopravvisssuti si portano addosso.
Il depistaggio (e il suo corollario) raggiunge il suo scopo non tanto quando abbia deviato l'attenzione delle indagini su binari che prima o dopo risulteranno morti.
Lo raggiunge quando finalmente, magari dopo anni, genera quella stanchezza che invariabilmente coglie chi non abbia le motivazioni dirette e la pazienza storica di vedere quali siano le conseguenze di un attentato del genere sul lungo termine.
I responsabili puntano tutto sullo sfracellamento di palle. Lo stesso che hai quando ti dicono che Berlusc*ni si scop* quattro putt*ne a sera con i tuoi soldi: dopo qualche mese sei annoiato, stufo del continuo rumore che se ne fa e non vedi l'ora non tanto di avere un Presidente del consiglio meno che criminale, ma che la smettano di dargli del puttaniere, che alla fine dai, l'uccello duro ce l'abbiamo tutti, no? E poi siamo cinquanta milioni a pagargli le tr*ie, è solo un centesimo a testa. E allora gridiamolo insieme, dai: Viva il Presidente Puttaniere! Viva il Presidente Puttaniere!
Pare delirio, ma finirà così grazie, appunto, al depistaggio.
Il quale non si basa sui contenuti, bensì sulla forma.
Il depistaggio è prestigio, illusione, deviazione dell'attenzione altrui.
Se ci si arrende, se ci si distrae, rimangono proprio *solo* i morti. E sono morti il cui inconsapevole sacrificio è ancora più vano, se mai a qualcosa servono uccisioni simili.
Ecco perché ricordare chi sono i colpevoli. Ecco perché continuare ad affermare che "fascista" è sinonimo di decadenza sociale e non un folkloristico nomignolo da dare a simpatici teatranti seduti in Parlamento.
Ricordare significa rimanere attaccati alla dignità, quella che nessuno ti può levare con le menzogne che a furia di essere ripetute diventano verità.
È il rumore di fondo che ci confonde. Serve allenamento per filtrarlo e per riuscire finalmente ad ascoltare ciò che è utile.

Rillo (in un commento a Verba manent)

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