lunedì 5 marzo 2018

Sul tram una ragazza e un ragazzo in età da liceo, discorrono. Sono belli. Parlano di un matrimonio di un loro parente, lei dice: «Non mi sposerei mai in chiesa, perché non ci credo». Lui le risponde: «Io sì... Sai perché?» – fa una lunga pausa, lei attende in silenzio la motivazione: «Beh, ecco: tante generazioni si sono sposate in chiesa, quindi dev’essere giusto, perché non dovrei farlo io?». La ragazzina scuote il capo: «Per me non è un motivo». Lui si informa: «Ma i tuoi si sono sposati in chiesa?». Lei sospira: «Mio padre si era sposato in chiesa con mia madre, poi mia madre se ne è andata via e hanno divorziato. Dopo un po’ la famiglia gli ha fatto sposare la sorella di mia madre, in municipio, perché lui non sapeva neanche cucinarsi una cena, gli serviva una badante». Guardo meglio la ragazza: non sembra pachistana, ha fattezze e linguaggio di qui, direi anche del Nord. Vorrei chiederle se la sorella di sua madre è stata contenta del matrimonio combinato in funzione di badante, ma ovviamente non posso. Cambiano argomento, lui le chiede: «Tu sei gelosa?». Lei alza le spalle: «No, però se per stare con Samantha non puoi più vedere me, allora sì». «Se Samantha mi chiede per stare con lei di non vederti più, le dico di no». «Chissà se è vero... Secondo me per avvicinarti di più a Samantha, che ti piace tantissimo, mi lasceresti. E poi la sposi, e pure in chiesa». «No, no, non vorrei mai perdere te». Lei gli domanda un po’ più maliziosa: «Ma pure io posso avere due fidanzati, naturale?». Lui si percepisce che si sforza un po’, ma risponde: «Sì, naturale». A una fermata lui scende, prima lei gli passa degli appunti da studiare. Sceso lui, la ragazza si sistema meglio sul sedile, estrae dalla borsa il telefono, scorre un po’ di messaggi, forse «sta imparando a compitare nuove lingue sconosciute», come dice un bel verso di Max Manfredi. Scendo anch’io, entro nel bar dei cinesi, dove una signora sui cinquanta, un poco scarmigliata, dice a un uomo più vecchio: «Oh, ma oggi si vota? E per chi cazzo devo votare?». «E che minchia ne so? Vota chi cazzo vuoi». La barista orientale serve a me un cappuccino, alla signora un bicchiere di bianco. Ripenso alla lunga pausa in cui il ragazzo ha cercato nella sua testa una motivazione per l’affermazione, forse avventata, a favore del matrimonio in chiesa, e la ragazza ha atteso paziente, senza minchieggiare. Crescono indecifrabili foreste, e noi abbiamo perso tempo a studiare piccole piantine artificiali nei nostri laboratori. Noi chi, poi? Quattro gatti che sparano giudizi da vecchi coglioni, per sbrigarsela in fretta.

Carlo Molinaro

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