venerdì 11 maggio 2007

La malinconia non si riferisce a nulla. La malinconia ha uno stile o un modo ma nessun oggetto. La malinconia è un modo di pensare, un modo di pensare al pensiero, e ha bisogno di consumare la propria vittima; pertanto ha bisogno di piani e strati e rimandi all’infinito in cui mascherarsi e nascondersi. La malinconia elude chi la cerca. La malinconia non è il timore della morte, né un rifuggire dagli oggetti superflui o dal genere umano, né una mancanza d’interesse per le cose del mondo, sebbene tutti questi possano essere dei suoi aspetti. È piuttosto un particolare aspetto del pensiero, un avvinghiarsi, un avvolgimento a spirale, un incanalarsi, una perforazione, un incidere, un movimento a elica, essendo una cogitazione sempre tesa verso il basso e verso l’interno, come quando un dentista comincia a trapanare un molare fino alla radice. Il pensiero della morte, un certo ritrarsi dalla società, un ritrarsi dal piacere, un’ossessione di consapevolezza, tutto ciò fa seguito alla malinconia, e queste cose possono apparire fugacemente come la sua vera sostanza, ma ogni tema transitorio presto lascia il posto a qualcosa di peggiore, di più oscuro e meschino, qualcosa di meno lucido, perché l’obbiettivo della malinconia è la sua direzione e la sua forza e la sua forma. Continuità della malattia.

Rick Moody, Il velo nero (traduzione di Licia Vighi)

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