Per tutta la settimana ho girato per casa come inochita, andavo a far la spesa senza comprare il pane e ritornavo fuori e poi se Aldo mi parlava rispondevo pan per pomo, e il pensiero fisso era sempre per quel vaglia e se mi dovevo presentare così damblè o se magari non era meglio fermare Alide sulle scale e chiedergli consiglio su cosa dovevo fare.
Alla fine, me lo ricordo quel giorno lì di quindici anni fa, come se fosse ieri, che era una così bella mattina di mezza primavera, e mi ero svegliata sicura come quando si prende la decisione giusta e non ci son santi che ti possono fermare.
Che poi anche Aldo ci metteva del suo perché tintognava col caffè e con la torta e poi una pulitina alle scarpe e guarda qui che camicia strafugnata, che alla fine l'ho quasi dovuto buttar giù dalle scale.
Una volta da sola in casa mi son messa davanti all'armadio, che avevo appena fatto il cambio di stagione e invece mi era tornato quel freddo che il vestitino fiorato non era il caso di metterlo.
E in sottoveste mi guardavo nell'anta a specchio e a onor del vero non ero mica tanto male, secondo me.
I capelli li ho sempre avuti quel color topo che la tinta me li dava un po' sul rosa, ma la dovevo fare perché incominciavano a spuntare dei grigi e guai a toglierli, che mia nonna diceva che per uno tolto ne nascono altri sette.
Il mio punto forte erano gli occhi, me lo dicevano sempre quando ero piccola, questa bimba ha due occhietti che ti pungono.
C'era un paio di chiletti in più intorno ai fianchi e le gambe non erano mai state lunghe, però avevano il loro bel polpaccio tornito e poi di caviglia fine, che le mie caviglie me le invidiava anche la Carlina.
E nel mentre che mi ammiravo le gambe, mi ha preso quasi un colpo a vedere una calza smagliata, proprio sotto al ginocchio destro e mi è venuto in mente che era stato dall'ortolano il giorno prima contro una cassetta di peperoni.
E di altri còllan non ne avevo, che la mercantina aveva finito la scatola, quindi lì per lì stavo pensando di mandare tutto in malora, di rimettermi la tutina da casa e morta lì.
E invece poi il cuore ha avuto la meglio e ho preso lo smalto rosa delle unghie e c'ho dato una bella pennellata sopra alla smagliata che mi si era anche attaccata la calza alla pelle, ma era lo stesso, tanto era trasparente.
E là! Non si vedeva niente e la sottana arrivava anche due dita sotto.
Quindi dopo una passata di cipria, due gocce di Colonia nel gomito e un velo di rossetto, quello che mi aveva regalato la Daniela a Natale che lei è commessa di profumeria, e ne sa di robe di trucchi, ero pronta per andare in via Alberti col tomulto dentro il petto e nella testa.
Avevo messo i soldi in una busta dentro la borsetta che manavano un profumino di lavanda per via della carta profumata del cassetto, e tutta in tiro mi sono diretta a schiena bella dritta all'ufficio postale.
Appena entrata, lui era là, come un attore consumato, chinato sulla scrivania a fare dei conti, ma come se avesse sentito una scossa aveva tirato su la testa e in un battibaleno mi era venuto incontro davanti allo sportello numero tre, quello dei vaglia postali.
Io non ero pratica della faccenda e Alide con un sorriso premuroso mi disse col tu per la prima volta, dopo più di due anni di buongiorno e buonasera:
Non ti preoccupare Luigia te lo compilo io il modulo.
Poi, finito tutto lambaradam dei dati e dei soldi, ci fu un momento di grande emozione passionale quando le nostre mani si sfiorarono nel commiato, mentre dei rigoli di sudore freddo mi andavano giù per la schiena e lui mi disse piano che non lo sentisse quello dello sportello due:
Ci potremmo salutare stasera verso le otto giù nel piano delle cantine?
Francesca Ferrari (aka giarina)
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