Da ragazza abitavo tra un querceto e i binari di una ferrovia.
Il passaggio dei treni dava l’ora a mia madre, che si regolava con littorine, treni merci e campane.
Non mi facevano studiare, non c’erano soldi. Ero a servizio presso un pittore. Mi chiedeva di spolverare, specie scaffali aperti su cui erano sparsi libri che poi mi prestava. Un giorno mi lasciò il libro di un russo, Tolstoj si chiamava.
Una domenica mattina ero a casa mia, e non c’era niente da fare.
Buttai pane in una borsa di canapa, presi il libro di Tolstoj, andai al querceto.
Cercai l’angolo d’ombra dove Gino mi aveva baciato i capelli, e la schiena, prima di partire soldato.
Stesa su erba secca lessi pagine, spazzolando via ostinate formiche dai fogli. Mangiai pane.
Ore dopo, si sentì lo sferragliare della littorina della sera. Lo scuro nascondeva le parole, gli occhi bruciavano.
Intorno, era buono l’odore delle querce.
Elena G. (sul blog di Sidgi)
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