Mentre appallottolavo la mia stupida lista di domande e la gettavo nel cestino mi vennero in mente le immagini del combattimento fra Mohammed Alì e George Foreman, nel 1976 a Kinshasa, per il titolo mondiale dei pesi massimi.
Il più straordinario combattimento della storia del pugilato.
Nei giorni precedenti l'incontro Foreman aveva detto che avrebbe messo Alì al tappeto in due o tre riprese. Era in grado di farlo e cominciò l'incontro picchiando come un ossesso. Sembrava che non sarebbe durata. Che non potesse durare. Alì cercava di schivare, si riparava, andava alle corde, prendeva pugni al corpo, come sassate.
Senza reagire.
E però, parlava. Non si potevano sentire le parole, ma era chiarissimo a tutti che, nel mezzo della tempesta di violenza scatenata da Foreman, le labbra di Alì si muovevano continuamente. E la sua faccia non era quella di uno che sta prendendo un sacco di pugni e sta perdendo l'incontro.
Contro ogni previsione Alì non andò al tappeto nelle prime riprese e nemmeno dopo. Foreman continuava a picchiare con rabbia, ma i suoi colpi erano sempre meno devastanti. Alì continuava a schivare, a ripararsi, a incassare. E a parlare.
Nel mezzo dell'ottava ripresa, quando ormai Foreman respirava dalla bocca e alzava le braccia a fatica dopo centinaia di colpi inutili, Alì uscì all'improvviso dalle corde e piazzò una incredibile combinazione di colpi a due mani. Foreman andò al tappeto, e quando si rialzò l'incontro era finito.
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