The systematic looting of language can be recognized by the tendency of its users to forgo its nuanced, complex, mid-wifery properties for menace and subjugation. Oppressive language does more than represent violence; it is violence; does more than represent the limits of knowledge; it limits knowledge. Whether it is obscuring state language or the faux-language of mindless media; whether it is the proud but calcified language of the academy or the commodity driven language of science; whether it is the malign language of law-without-ethics, or language designed for the estrangement of minorities, hiding its racist plunder in its literary cheek – it must be rejected, altered and exposed. It is the language that drinks blood, laps vulnerabilities, tucks its fascist boots under crinolines of respectability and patriotism as it moves relentlessly toward the bottom line and the bottomed-out mind. Sexist language, racist language, theistic language – all are typical of the policing languages of mastery, and cannot, do not permit new knowledge or encourage the mutual exchange of ideas.
(Toni Morrison, Nobel Lecture 1993)
Il sistematico saccheggio del linguaggio può essere riconosciuto nella tendenza di coloro che lo usano a fare a meno delle sue proprietà maieutiche (come le sfumature e la complessità) per usarlo invece al fine di minacciare e assoggettare.
Il linguaggio oppressivo fa qualcosa di più che rappresentare la violenza: è violenza; fa qualcosa di più che rappresentare i limiti della conoscenza: limita la conoscenza.
Che si tratti del linguaggio di dominio usato dal potere oppure del falso linguaggio usato in modo spensierato dai media; che si tratti dell’orgoglioso ma imbalsamato linguaggio dell’accademia oppure del linguaggio oggettificato della scienza; che si tratti del linguaggio maligno della legge-senza-etica oppure del linguaggio creato per discriminare le minoranze e nascondere il suo razzismo attraverso la sua sfrontatezza letteraria – esso deve essere rifiutato, modificato, svelato.
Si tratta di un linguaggio che beve sangue, che piega le vulnerabilità, che nasconde i suoi stivali fascisti sotto crinoline di rispettabilità e patriottismo e si muove in fretta e furia verso il fondo, verso menti ridotte ai minimi termini.
Il linguaggio sessista, quello razzista, il linguaggio teistico – sono tutti linguaggi tipici della politica del dominio, e non possono permettere, non permettono nuove conoscenze né incoraggiano il mutuo scambio di idee.
(traduzione di Donatella Trevisan)
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